Per dare vita ad un Centro di documentazione contro la guerra

13 Aprile 2017

Per dare vita ad un Centro di documentazione contro la guerra

Parte Prima

Parte Seconda

Parte Terza

Siamo in guerra da tempo. Dalla fine della seconda guerra mondiale nel 1945, che con le bombe atomiche USA sganciate su Hiroshima e Nagasaki ha visto il più grande e tragico atto di terrorismo fin qui conosciuto nella storia umana, le guerre, seppur combattu- te nelle “periferie” del pianeta, principalmente in Asia e in Africa, si sono susseguite senza interruzione.
In tutti i conflitti oggi in corso l’intervento dei capitalismi occidentali e/o russo è una costante, tanto nelle forme di coinvolgimento diretto nei combattimenti e nei bombar- damenti, che seguono le operazioni coperte, di intelligence, di addestramento e di supporto logistico.
Dal 2007 il capitalismo è entrato in una crisi generale e internazionale che sta modificando gli equilibri e le gerarchie tra gli stati. La competizione economico-finanziaria, la ricerca di profitti, la lotta per il controllo delle materie prime, prospettano un teatro belli- co senza confini e senza limiti, che tende a rendere permanente la guerra, ad allargarla fino ad interessare aree sempre più vaste del pianeta.
Due terrorismi contrapposti, ma complementari, oggi si fronteggiamo a scala planetaria, quello di stato occidentale e russo, da un lato, quello del cosiddetto “islamismo radicale” (tipo Al Khaida e Isis) dall’altro. Se le popolazioni dell’Asia e dell’Africa hanno pesantemente pagato con morti e distruzioni su larga scala la “guerra infinita al terrorismo” condotta dai “nostri” eserciti, con il 2001, dopo l’attentato alle Twin Towers di New York, il terrore serpeggia anche nelle nostre metropoli.
L’Italia è in guerra a pieno titolo, fa parte del pugno di nazioni che vendono armi a paesi in guerra e che spediscono soldati per il pianeta, occultando la reale natura della parte- cipazione alle imprese belliche, definendole “missioni internazionali”, “peace keeping”, …
Il 31/12/2016 è entrata in vigore la legge quadro sulle missioni militari all’estero (145/2016) che, di fatto, cancella ogni residua considerazione sull’incostituzionalità dell’uso dell’esercito in operazioni belliche internazionali, rafforza l’autonomia del governo nel deci- dere gli interventi militari, assicura preventivamente i fondi per queste missioni.
La spesa militare italiana nel 2016 è cresciuta del 10,63%, pari all’1,11% del PIL, per un totale di 23,4 miliardi all’anno, 64 milioni di euro al giorno, quasi 8.000 militari sono impegnati in missioni all’estero.

La guerra è anche “controrivoluzione preventiva”. Se crisi, competizione econo- mica e militare, aumento delle spese militari, immigrazione di massa, … hanno un’evidente ricaduta sul peggioramento delle condizioni delle classi subalterne, meno immediatamente evidente è la loro correlazione con il progressivo restringersi della democrazia formale e de- gli spazi di agibilità politica e sindacale, con il controllo sempre più invasivo dello spazio urbano. Sbarre, recinzioni, telecamere, mezzi dell’esercito per le strade (Operazione strade sicure con la scusa della tutela dell’ordine pubblico!) fanno ormai parte del nostro ambiente quotidiano.
Fa riflettere, in proposito, la pubblicazione da parte della Nato, nel 2003, del rapporto Urban Operations in the Year 2020 (UO 2020), che traccia le linee guida per operazioni militari in aree urbane, delineando uno scenario di crescenti tensioni economico-sociali, che provocheranno scontri e sommosse, e che potranno essere tenute sotto controllo sola- mente con l’impiego dell’esercito in funzioni di “ordine pubblico”. Uno scenario di milita- rizzazione completa dei territori per affrontare masse potenzialmente conflittuali, uno scena- rio non dissimulato di … “controrivoluzione preventiva”.
Mancando nei paesi occidentali un’opposizione stabile contro la guerra, innanzitutto contro le politiche belliciste del “proprio” governo nazionale, vorremmo contribuire a favo- rire le condizioni che la rendano nuovamente possibile e praticabile.
Vorremmo, dunque, aprire un confronto per la costruzione di un Centro di documen- tazione contro la guerra, per raccogliere informazioni, materiali, e produrre analisi per op- porsi alla barbarie del capitalismo decadente, per contrastare il terrorismo di stato quanto quello del cosiddetto “islamismo radicale”.
Un Centro di documentazione che sia uno strumento per favorire l’indipendenza poli- tica e organizzativa del proletariato, che non ha alleati da sostenere nelle contraddizioni in- ter-imperialiste e inter-capitaliste.

1 I l nemico non è, no non è oltre la tua frontiera; il nemico non è, no non è oltre la tua trincea / il nemico è qui tra noi, mangia come noi, parla come noi, dorme come noi, pensa come noi ma è diverso da noi. / Il nemico è chi sfrutta il lavoro e la vita del suo fratello; / il nemico è chi ruba il pane il pane e la fatica del suo compagno; / il nemico è colui che vuole il monumento per le vittime da lui volute / e ruba il pane per fare altri cannoni / e non fa le scuole e non fa gli ospedali / e non fa le scuole per pagare i generali, quei generali / quei generali per un’altra guerra… Enzo Jannacci, Il monumento, 1975, in: Quelli che…