04 Novembre 2012 – ore 12,00
Ore 12.00 – Terre in moto
Mercatino di prodotti biologici, libri, artigianato, riciclo, laboratori, autoproduzioni
Ore 13.00 – Pranzo coi prodotti del mercato, a cura dei cuochi di Coox 18 “tutto quello che facciamo è segreto”
Ore 16.00 – Giochi per bambini con piante e semi
ci sara’ anche ermanno con la sua ciclofficina mobile, approfitattene per far riparare le vostre biciclette
in parallelo
inaugurazione dei giardini Primo Moroni
C’era una volta un piccolo, malmesso, fazzoletto di terra. Dei molti che gli passavano vicino nessuno pareva dargli conto. Al massimo era “dove una volta stava la fabbrica della birra” o “quello che c’è una bomba sotto”. Stette abbandonato, per trascurata distrazione e molti anni, dietro una rete qualunque, attraversata solo da cani desiderosi di liberarsi di un peso.
Parliamo di via Troilo, tra via Conchetta e via Torricelli. Dopo l’amore tra Troilo e Cressida, solo Google oramai sembra ricordarsene…
Nel 2010 assistette, immobile, alla silente battaglia dell’angolo ombroso prospiciente, conteso tra il gioco dei bambini, il bisogno dei cani e il disperato rifugio degli amanti notturni. Vide chi lo puliva, chi lo sporcava e chi ne reclamava il possesso; sentì l’odore delle salamelle e udì il lamento di chi ne era infastidito.
Un giorno, poi, l’angolo ombroso venne chiuso e affidato al guinzaglio di un rispettabile esercizio commerciale; allora il fazzoletto di terra malmesso pensò che era giunto il momento di darsi da fare.
All’inizio non fu facile. Bisognava togliere la rete, pettinare l’erba sciupata, arredare lo spazio erboso, che a guardarlo bene era piccolo ma dignitoso. Fu con l’aiuto di un nutrito gruppo di amici che in breve si sentì pronto. In lui fremeva un’ansia di vita, il desiderio di recuperare il tempo perduto.
Allora ci furono feste, mercati, baccanali. Ospitò discussioni in cui gli abitanti del quartiere ragionavano su come averne cura. In molti pensavano “al Giardino”, a che farci, e tutto sembrava procedere per il meglio. Non c’è che dire, ne era contento.
Finché a un tratto parlò il Muro.
In genere non è bello sentir parlare i muri, ché perlopiù rinchiudono, impediscono e separano. Questa volta però il Muro non dettava regole, anzi, si lamentava. Come un malato di reumi, prendeva acqua da tutte le parti e rischiava di cadere. Per lui arrivò il cantiere e una staccionata sostituì la rete d’un tempo. Così il Giardino si trovò chiuso peggio di prima. Non riusciva neanche più a vedere la via e l’angolo ombroso che pur sapeva avere di fronte. Passarono così un inverno e una lunga estate in cui tutto sembrava essere tornato immobile.
Un giorno, però, il cantiere sparì. Il Muro era cambiato, era più nuovo e più “vecchio” contemporaneamente, senz’altro meno dolente.
Ancora una volta pensò che valeva la pena di insistere, pensò a com’era una volta il quartiere, proletario e malavitoso, “fiammeggiante di bandiere rosse e rossonere”, e ai locali che vennero poi in cui si vendevano “vino e panini senza amore e senza memoria”. Pensò alla storia del triangolo vicino, strappato alle macchine, piantumato e restituito al quartiere una ventina d’anni prima. Pensò all’amico che tutto questo e di più aveva narrato e che mille volte si era fermato a sproloquiare l’infinito in sua compagnia. Pensò ai giorni in cui era rimasto chiuso, lui e la sua rete, da una cortina di militari, chiamati a imporre al 18 di via Conchetta le sragioni del sopruso e del denaro, che consentivano l’accesso solo ai residenti in possesso di regolare documento di Identità. Pensò ai ragazzi (ragazzi “dentro” ancor più che all’anagrafe) che avevano resistito e che poi avevano cercato di fare di questo fazzoletto di terra malmesso e recintato un luogo vivo di persone e storie.
Non ci mise molto perché aveva già avuto modo di rifletterci a lungo. Decise di darsi un nome, il suo primo nome, quello vero, e decise di chiamarsi GIARDINO PRIMO MORONI, in ricordo delle cose che contano.