Category Archives: Dibattiti

ANNE WALDMAN / AMBROSE BYE

09 Maggio 2011 – 22,00

PERFOMANCE: SPOKEN WORD |+|AMP|+| MUSIC
con ANNE WALDMAN, AMBROSE BYE, RITA DEGLI ESPOSTI

Sesto appuntamento della rassegna “scali di parole”, altro appuntamento fuori da circuiti commerciali e istituzionali (gallerie, musei …): la poetessa anne waldman terrà un reading accompagnata dal musicista ambrose bye e dalla poetessa e traduttrice rita degli esposti (che ha aperto la rassegna insieme a john gian e tom raworth).
“scali di parole” è una rassegna concepita tra i libri dell’archivio primo moroni ed è organizzata da: archivio primo moroni, libreria calusca city lights, c.s.o.a. cox18

Prima Parte:

Seconda Parte:

anne waldman:
dirige la “jack kerouac school of disembodied poetics” di boulder, colorado, fondata assieme ad allen ginsberg ed è stata tra i fondatori del “poetry project at st. marks’ church in-the-bowery” a new york.
è autrice di più di 40 libri, tra i quali il “classico” fast speaking woman e il “monumentale” Iovis trilogy: colors in the mechanism of concealment, lungo poema antimilitarista e femminista.
compare giovanissima nel film ice di robert kramer.
è attivista contro il nucleare e contro la/le guerra/e.
ha collaborato con artisti, musicisti, coreografi e danzatori come george schneeman, elizabeth murray, richard tuttle, donna dennis, pat steir, judith malina, don cherry e steve lacy.

ambrose bye:
musicista cresciuto nell’ambiente della naropa university.
ritiene allen ginsberg e william burroughs tra i suoi padri spirituali.
si è formato negli stati uniti e a bali, in indonesia.
ha collaborato con thurston moore dei sonic youth e il poeta amiri baraka
http://www.myspace.com/fastspeakingmusicmyspace
http://www.youtube.com/user/fastspeakingmusic

Le lunghe ombre del diritto

31 Marzo 2011

Le lunghe ombre del diritto
ciclo di incontri e discussioni

* Introduzione
* “Sovranità e Polizia”: una discussione sullo stato di eccezione a partire dalla nuova traduzione del testo di Walter Benjamin “Per la critica della violenza”. Partecipano Massimiliano Tomba, curatore del libro, e Stefano Marchesoni.

motivazioni, referenze e programma completo –>
a cura dell’Archivio Primo Moroni

Prima Parte:

Seconda Parte:

Per una riflessione sul sistema penale
Vogliamo (ri)proporre una riflessione sulla “penalizzazione della società”. Espressione questa che porta in sé l’ambivalenza dei processi che si vogliono analizzare: le trasformazioni del diritto in quanto norma e l’estensione dello stesso su tutti gli ambiti sociali tanto da prefigurare una società sottoposta e governata dalla penalità. È del tutto evidente che questo processo ha lavorato precedentemente su una interiorizzazione culturale massificata che si costituisce come presupposto: l’identificazione del piano della giustizia penale con il piano della verità e del crimine come elemento centrale per la definizione delle politiche di governo.

La giustizia è lo strumento per la determinazione della verità. Laddove esista una potenziale ‘colpa’, o forma di disequilibrio, il tribunale è il luogo atto a ristabilire la corretta dinamica dei fatti e quindi a ripristinare una condizione di ordine imponendo le necessarie sanzioni.

Prima ancora di occuparci delle sanzioni va detto che questa affermazione è falsa. Il tribunale non ha né gli strumenti né la volontà di stabilire quella che è la verità dei fatti, la dinamica delle relazioni, il senso dell’operato della parti in causa. Il tribunale, al più, può stabilire con una imprevedibile dose di approssimazione il comportamento dei soggetti rispetto alla norma, collocarli e stabilire se e come l’abbiano infranta. Nella versione più ottimista l’attività della corte è quella di identificare delle similitudini tra diversi eventi delittuosi in modo da uniformare la pena e la sanzione e fare quindi in modo che queste non siano inique a loro volta.

Ma la norma stessa non ha alcuna ambizione a farsi verità. Però l’idea che ciò che è legale è giusto e viceversa si dimostra di grande efficacia e la ritroviamo sorprendentemente anche in ambiti antagonisti al sistema dominante. Questo deve farci riflettere sulla sua potenza comunicativa.

Altro concetto fondamentale su cui il processo di “penalizzazione della società” si basa è l’identificazione di un individuo, di una comunità e in alcuni casi dell’intera società con le “vittime” potenziali del crimine. Le politiche securitarie in atto da anni, in Italia, in America come in tutto il mondo occidentale, infatti, non solo determinano una mole non indifferente di produzioni di norme, ma definiscono e declinano i bisogni di una comunità. In questo senso il potere sprigiona la sua microfisica invadendo l’ambito delle relazioni e degli affetti che diventano suo oggetto specifico di intervento come Foucault ben descrive in Difendere la società, Ponte delle grazie, 1990.
D’altronde una razionalità securitaria si esplica su un immaginario in cui la società è vittima del terrorismo, una comunità è vittima di altre comunità e perfino un individuo è vittima di determinati comportamenti di altri individui. La segmentazione sociale è tra vittime e carnefici e induce un sentimento di identificazione con la vittima CONTRO il colpevole. Questo arriva a declinare i bisogni sociali: ho diritto di dormire rispetto agli schiamazzi, ho diritto di passeggiare senza vedere persone con bottiglie in mano o secchi ai semafori ecc. ecc. e legittima implicitamente, anche per chi non ne avrebbe né intenzione né desiderio, le politiche di repressione ed esclusione.
La conseguenza, quindi, è che la sfera del diritto si stia allargando in maniera impressionante e il numero e la qualità dei comportamenti normati aumenti di giorno in giorno. Questo avviene sia sul piano del diritto penale vero e proprio sia su quelli delle norme extra-giudiziarie (ordinanze comunali, patti territoriali…) che vengono propagandate come lo strumento più idoneo per affrontare le conflittualità sociali o individuali o anche solo per definire delle modalità di comportamento adeguate e sanzionare quelle inadeguate.
Il diritto sta diventando la modalità di approccio più comune alle forme di conflitto (sociale o personale, individuale o collettivo) che attraversano le nostre città. Una manifestazione operaia diventa ‘blocco stradale’, – ‘ingiuria e oltraggio” , l’esproprio di un grande magazzino diventa ‘rapina’…. Il fatto scompare dietro l’ombra della norma infranta. Chi e perché fosse lì a fermare il traffico, a bestemmiare, a prendere degli indumenti da un grande magazzino non è più un elemento su cui ragionare.
È facile in questo modo tendere a far rientrare negli ambiti del diritto i comportamenti che risultano ‘deviare’ dal luogo comune della ‘acquiescente normalità’ siano essi espressione di una consapevole alterità rispetto all’organizzazione sociale dominante o siano invece una inconsapevole espressione di incompatibilità con i modelli di vita ritenuti ‘leciti’.

Il diritto sempre più tende a porsi come regolatore dei comportamenti, delle intenzioni, delle personalità. Un caso smaccatamente evidente in questo senso è il reato di clandestinità che ‘norma’ una condizione di vita, una storia, più che un fatto specifico. Un clandestino che dorme, mentre dorme, sta compiendo il suo reato.
I patti delle amministrazioni comunali raggiungono ambiti ancora esclusi dal diritto giuridico.
L’ingresso ai campi nomadi è regolato (con tanto di polizia all’ingresso) sulla base di un patto tra il comune e le persone che stanno nel campo che permette al personale all’ingresso di fare entrare o meno gli esterni nel campo. (dispositivi analoghi sono stati utilizzati nei campi dei terremotati aquilani nel periodo del G8).
Le ordinanze comunali ci indicano, sotto la minaccia di sanzioni, come e dove mangiare i panini, darci i baci, sederci e ci fanno capire da che parte conviene stare.

Questa criminalizzazione delle relazioni non avviene in sordina ma anzi è ostentata, è essa stessa strumento di propaganda. Senza pudore seziona la società in parti arbitrariamente definite e trova la principale giustificazione e forza nell’essere prodotto della norma, che viene propagandato come uno tra i principali strumenti di definizione della verità.
Se nella guerra, emergenza per definizione, il ruolo di regolatore è specifico degli eserciti, nell’emergenza quotidiana e perenne questa funzione è delle forze di polizia, anzi, anche le azioni degli eserciti diventano azioni di polizia: il blocco delle navi aiuto alla Palestina da parte di Israele ne è un esempio.
In questo quadro emergenziale dove la politica ha affidato la sua funzione al diritto, la funzione politica viene fatta propria dalle forze di Polizia, assumendo così una funzione di mediazione e diventando “sovrana” nelle decisioni ovvero determinando quando e come intervenire. (tanto più la legge è pervasiva quanto più esercito e polizia sfuggono alla legge)
Lo scopo di questa riflessione è quello di verificare le sue stesse ipotesi, darne una connotazione più precisa e rigorosa, smontare (ove necessario) gli assunti che ne stanno alla base e riflettere sui loro aspetti indotti ma per niente trascurabili.
Ci sembra, inoltre che la società autoritaria sezionata dalla regola tende ad auto-riprodursi e il diritto ne diviene efficiente sistema di propaganda per un efferato immaginario sanzionatorio, immaginario dal quale non si sottraggono figure a la page come Saviano e costringe il confronto tra chi vuole mandare in galera Berlusconi, chi gli extracomunitari, chi Battisti, chi altri ancora, in ogni caso tutti dentro un orizzonte rigorosamente penale. Sottraiamoci
Su questi punti l’idea è quella di articolare una serie di incontri, in particolare ma non necessariamente con la presentazione di testi, per affinare il ragionamento.

Conversazioni intorno alla scuola

27 Marzo 2011 – 17,00

ricordando Primo Moroni

Antiautoritarismo, motivazione e merito nella scuola degli anni ’70 e nella scuola di oggi

Una chiacchierata sulla scuola per capire quanto della esperienza delle lotte sulla scuola di 40 anni fa costituisce una eredità possibile di chi si occupa della scuola oggi.
Proiezione di spezzoni del film “Diario di un maestro” restaurato dalla Cineteca di Bologna

Materiali:

Dal secondo numero della rivista “Gli Asini”: Tutto da rifare di Luigi Monti


Da “Il sogno di una scuola” di Maria Luisa Tornesello: I volontari dei gruppi spontanei e delle scuole popolari
  Il movimento per il rifiuto del libro di testo
  Suggestioni e problemi della tematica antiautoritaria: il dibattito e le prime esperienze


Un recente dibattito sul libro “Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare”,  di Paola Mastrocola, Guanda, 2011 È sempre giusto insegnare a chi non vuole imparare? di Marco Imarisio, Corsera, 21 febb 2011 (leggi…)
  La didattica «facile» che ha cancellato la capacità di studiare, di Cesare Segre, Corsera, 25 febb 2011 (leggi…)
  Scuola, davvero è tutta colpa di Rodari e Don Milani?, di Giorgio Pecorini, Manifesto 6 marzo 2011 (leggi…)
  Com’è nata Lettera ad una professoressa, di Sandra Gesualdi (leggi…)
  Lettera ad una professoressa, stralci (leggi…)


romanzo La scuola si diverte, di Virgilio Budini (leggi una scheda…)(leggi un brano…)

a cura dell’Archivio Primo Moroni e dei Comitati scuole della zona 5

Presentazione Burp! Deliri grafico intestinali

19 Febbraio 2011

– Presentazione e mostra del collettivo Burp!
– Live painting
– DJ-set di Brokenbrix Mk (drum’n’bass)

BURP! Deliri grafico intestinali

Burp è un collettivo composto da fumettisti/musicisti/hacker/precari con la passione per la carta stampata e per i baloon dentro le vignette. A partire da questa comune passione e da altre sane dipendenze che ci legano, nasce l’idea di portare il disegno, un computer e un proiettore, all’interno delle serate di laboratorio musicale della Sottosuono, al Tpo di Bologna, facendo così diventare le pareti del centro sociale la pagina bianca di un gruppo di irrequieti disegnatori e la cassa di risonanza dei gruppi che nel mentre si alternano sul palco.
Dopo è un attimo e come fosse la più naturale delle conseguenze, ci diamo un nome, Burp! Deliri grafico intestinali.
Burp come l’onomatopea di un rutto, il rutto come forma di autodeterminazione, l’autonomia e l’indipendenza in tempo di crisi economica e tagli e precariato assicurato. Decidiamo che a noi la crisi economica non ci avrebbe fermato e nonostante non abbiamo un euro uno, passiamo dal muro alla carta: stampiamo le prime 100 copie, ed è così che burp! finisce di essere solo un nome. Ma se vero, come è vero, che la storia non si fa con il senno di poi, i commenti (pro) positivi e il calore dei primi lettori trasformano da subito le timidezze dell’inizio in prospettive di miglioramento, incontri e sbronze per nulla lontani da veri e propri brainstorming editoriali, nuovi autori che hanno voglia di intraprendere questo viaggio con noi, in poche parole una sfida: l’autoproduzione come strada da percorrere, il numero 2 come obiettivo all’orizzonte.
E proprio l’autoproduzione e le possibilità di sperimentazione che la scelta dell’indipendenza ti offre, sono alla base del progetto di burp! che piano piano si struttura, prende corpo e mette i muscoli, e soprattutto si allarga.
A fine anno il bottino ammonta a 5 numeri, numerosi incontri e presentazioni, tanti contatti con cui fare rete e continuare a r-esistere, più il fiore all’occhiello “Il dente e la lingua” un reportage illustrato dal vertice internazionale sul clima di Copenhagen. Tutto culmina nell’incontro con Claudio ed Emiliano di Sherwood Comics, di cui fino ad un anno fa apprezzavamo moltissimo il lavoro, lo sforzo e la bellezza delle antologie e con cui adesso ci troviamo felicemente spalla a spalla in un vortice di progetti, nonché la produzione di Global Warming settima antologia del fumetto indipendente.

Omaggio video a Gianni Toti

16 Febbraio 2011

3 canti per delle rêves+évolutions=rivoluzioni
(una falsa trilogia)
omaggio video a gianni toti

con le VideoPoemOpere:
Tupac Amauta – Primo canto, Francia 1997, 53′
Aca Nada – Canada 1998, 27′
Gramsciategui ou les poésimistes, 1999, 55′

quarto appuntamento di scali di parole 2010-2011.
scali di parole 2010-2011 è organizzato da cox18, calusca city lights, archivio primo moroni, lemm – associazione culturale

tupac amauta, aca nada, gramsciategui ou les poesimistes sono 3 video, 3 videopoemi come li definiva gianni toti, il loro autore, che costituiscono qui una falsa trilogia.

tupac amauta, del 1997, è il primo canto di una trilogia prevista, gramsciategui, del 1999, il secondo. tra i due fu realizzato aca nada nel 1998.
ma tutti e tre sono legati tra loro da un filo conduttore contro la conquista delle americhe, contro i genocidi che vi furono perpetrati e contro la colonizzazione degli spazi e delle menti che continua sino ad oggi. la “vera” trilogia doveva concludersi con el pachacuti, l’antoolocausto ed è una trilogia dedicata alle rivoluzioni (rêves-évolutions: sogni+evoluzioni=rivoluzioni) dell’america latina, ma rimarrà incompiuta.

il primo canto, tupac amauta, si ispira alle figure di tupac amaru II e josé carlos mariategui.
tupac amaru II è il discendente di quel tupac amaru trucidato dai conquistadores nel 1572, che, nel 1780, guidò una rivolta degli indios peruviani contro gli spagnoli. la rivolta venne sconfitta e tupac amaru torturato e giustiziato. da allora “tupac amaru” è diventato il nome di battaglia della lotta contro l’oppressione.
josé carlos mariategui (1894-1930) è stato un saggista, sociologo e politico peruviano, considerato uno dei più importanti pensatori marxisti dell’america latina.
era chiamato “amauta” (il saggio) dagli indios quechua.
tupac amauta è un videopoema epico sui cinquecento anni di colonizzazione dell’america latina. e c’è un forte legame tra le conquiste di allora e le conquiste di oggi, fino alle atroci guerre umanitarie dei nostri giorni. è un murales, un arazzo in movimento che comprende, oltre a rarissime immagini di mariategui, anche immagini del subcomandante marcos e rende omaggio ai militanti uccisi nell’ambasciata giapponese a lima nel 1997.

aca nada narra visivamente cosa accad(d)e lassù in nord(america) dove i “nativi” delle “prime nazioni” scoprirono i conquistatori, i cartografi spagnoli del “qui niente” (aca nada) prima e quelli di jacques cartier dopo. toti parla a proposito di un cambio di paradigma, di un pensiero umano da liberare, come sono da liberare le “riserve” tuttora in funzione presso le “nuove nazioni” conquistatrici, ovvero i democratici “lager” per i “suicidi della malinconia”.

gramsciategui ou les poesimistes è il secondo canto della trilogia incompiuta che, da “canto”, diventa un “grido” perché il lavoro viene realizzato durante i bombardamenti contro la serbia dovuti ai controllori del nuovo ordine mondiale.
è un ulteriore affresco in movimento in cui le immagini sintetiche della videoarte rielaborano i segni del linguaggio del popolo maya e permettono a gramsci e mariategui, associati dal “poesimismo” (poesia e pessimismo = lucidità del pensiero) di dialogare. e gramsci si vede, letteralmente, attraverso rarissime immagini di repertorio, a mosca nel ’21.
toti la definì una “sonata in rosso maggiore” (la vita, il comunismo, il sangue, la violenza della guerra, l’amore – la moglie scomparsa) contro un unico nemico: il potere.

gianni toti:
roma 1924-2007
partigiano resistente, giornalista, romanziere e poeta.
all’inizio degli anni ottanta inizia una sperimentazione in cui si fondono poesia, cinema e arte elettronica, creando un nuovo linguaggio, che lui stesso definisce “poetronica” (videopoesia e poesia elettronica).

grazie a: la casa totiana, invideo, heure exquise!

Le nuove forme dell’attivismo Queer

05 Febbraio 2011

Una spettra rosa si aggira per l’europa – le esperienze degli sportelli per migranti gay, lesbiche, trans
INTERVENGONO: Giorgio Dell’Amico (Arcigay Immigrazione), Sportello I.O. Milano, Sportello migranti GLBT Verona, Pink Verona, Antagonismogay Bologna, Maurice LGBTQ Torino e altr*

A seguire STRANGERS IN THE NIGHT
dj set Iraqueers, Marix, Manudj [elettropop, queerbit, disco]

Come gay, lesbiche e trans praticano auto-aiuto e solidarietà queer insieme a migrant* LGBTQ nella lotta per una piena cittadinanza.
Come nonostante l’omofobia, lo stallo dei movimenti LGBTQ, il declino politico e culturale italiano.. nuove soggettività queer ottengono piccoli ma significativi risultati.
Come dall’impegno volontario di alcun* può rinascere un intero movimento di liberazione.

Liberi tutti

02 Dicembre 2010

LIBERI TUTTI
Antonio Bocola | Marina Ballo Charmet E Walter Niedermayr
a cura di Fabrizio Longo | Rossella Moratto

Il carcere visto da dietro le sbarre, con gli occhi dei minori. Adolescenti e bambini in età prescolare che vivono la difficile esperienza del carcere, un segno indelebile nelle loro esistenze.
Non un’inchiesta ma il lavoro di un regista, Antonio Bocola, e quello di due artisti, esponenti della fotografia d’avanguardia italiana, Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr: un dialogo e un confronto tra due approcci diversi al linguaggio video – quello del cinema documentaristico e quello dell’arte – accomunati da un medesimo interesse per il sociale.
Bocola, Ballo Charmet e Niedermayr riportano “la vita degli altri” restituendo, ognuno a proprio modo, degli stralci di esistenza: non raccontano in prima persona, ma aprono uno spazio per cercare di comprendere (e far comprendere a tutti noi che siamo “fuori”) la vita vista da “dentro”. Il punto di vista è quello dei minori, appunto, è il loro lo sguardo che possiamo condividere.
È lo sguardo degli adolescenti, come racconta Non ci sto dentro, docufilm di Antonio Bocola frutto di un anno di lavoro del regista con il suo laboratorio di tecnica cinematografica all’interno del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano. È una raccolta di testimonianze in prima persona dei ragazzi e delle ragazze dell’IPM Beccaria, che nasce dal pretesto narrativo dell’apertura di una radio in podcast: questa diventa il catalizzatore dei loro racconti, frammenti di ordinaria quotidianità in carcere e nelle comunità penali territoriali. Le dinamiche relazionali, le storie e i desideri di un “dopo” diverso che lascia intravedere una speranza di riscatto nel difficile passaggio all’età adulta.
È anche lo sguardo inconsapevole e innocente dei bambini e delle bambine, che vivono con le loro madri all’interno del carcere. La legislazione italiana infatti consente alle madri detenute che non possono usufruire di altre facilitazioni previste dalla Legge Gozzini (arresti domiciliari o differimento della pena), di tenere con sé i loro figli fino all’età di tre anni durante il periodo della detenzione. Questo comporta per i bambini un’esperienza di vita traumatica che incide pesantemente sul rapporto con la madre e sulla loro crescita. Nel video Agente Apri, opera composta da riprese realizzate nel 2006 nel carcere di San Vittore di Milano, Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr riflettono su questo tema. È il racconto essenziale dei percorsi che due bambini, un maschio e una femmina, compiono quotidianamente nei vari ambienti del carcere nel quale vivono insieme alle loro mamme, per uscire a giocare e per poi tornare nel nido all’interno del carcere milanese.
Nel 2006, poco dopo la realizzazione del video, è stato creato a Milano in via sperimetale l’Icam, una struttura di custodia attenuata frutto di un protocollo d’intesa fra gli enti locali (Regione, Provincia e Comune ed il Dipartimento di Polizia Penitenziaria), concepita secondo il modello della casa famiglia. L’esistenza dell’Icam ha consentito il trasferimento delle detenute nella struttura – dove possono usufruire di attività formative e di avviamento professionale – e la chiusura dell’asilo nido del carcere di San Vittore poiché i bambini frequentano i servizi scolastici e ricreativi presenti sul territorio, presso i quali vengono accompagnati da operatori e volontari.

Senza pretese di ricerca sociologica, Non ci sto dentro e Agente Apri fotografano senza filtri il sistema del carcere focalizzandosi sulla parte più debole della sua popolazione.

Non ci sto dentro
Un documentario di Antonio Bocola
Testi e ricerche: Antonio Bocola, Francesco Scarpelli, Ciro Forte, Stefano De Felici
Direttore della fotografia: Rocco Cirifino
Musiche originali: Lorenzo Gasperoni
Una co-produzione: E-Tica / Gagarin
Formato: Hd 750p – Durata: 58’

Antonio Bocola (Napoli 1967) vive e lavora a Milano. Regista, sceneggiatore ed esperto di tecnologie avanzate nel campo dei media e dell’interattività. Diplomato all’Itsos di Milano, cresce professionalmente allo Studio Pontaccio di Achille Mauri, dove segue la produzione di molti
programmi RAI. Inizia a lavorare nel cinema come aiuto-regia di Marco Bechis, quindi come aiuto regista/producer per diverse case di produzione e agenzie pubblicitarie. Dal 1996 firma la regia e l’ideazione di numerosi documentari, cortometraggi, fiction e programmi TV. Nel 2003 realizza il lungometraggio Fame chimica (2003), selezionato al 60° Festival Internazionale del Cinema di Venezia, ottenendo nel 2005 la nomination come migliore regista esordiente ai David di Donatello e la nomination ai Nastri d’Argento. Dal 2005 è amministratore delegato di E-tica srl. Informazioni
più complete, filmografia e reel: www.antoniobocola.com

Agente Apri (2007)
di Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr
Regia: Marina Ballo Charmet e Walter Niedermayr
Montaggio: Simonetta Fadda
Formato: minidv – Durata: 21’

Marina Ballo Charmet dalla metà degli anni ottanta si dedica alla fotografia e successivamente al video esplicitando visivamente il non-visto della nostra esperienza quotidiana. Parallelamente lavora come psicoterapeuta infantile nei servizi territoriali pubblici di Milano. Le ultime mostre personali hanno avuto luogo a: Storefront for Art and Architecture (New York 2009); Triennale (Milano, 2008); Centre National de la Photographie (Parigi, 1999). Tra le numerose collettive in Italia e all’estero ha esposto in istituzioni quali: MAXXI, Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma (2010); SK Stiftung Kultur (Koln, 2006); Fotomuseum Winterthur (2005); Ècole Supérieure des Beaux-Arts, (Parigi, 2001); CCA (Montreal, 1998). Ha partecipato alla 12. Mostra Internazionale di Architettura Venezia nella mostra Ailati. Rilessi dal futuro nel Padiglione Italia e alla XLVII Biennale d’Arte nel 1997 nella mostra Venezia-Marghera. Ha realizzato numerosi video e pubblicato diversi libri, tra cui: Il parco, Charta, Milano (2008), Marina Ballo Charmet, Fotografie e video 1993/2007, Electa/Jarach Gallery, Milano (2007). Rumore di fondo, Art&, Udine (1998), Con la coda dell’occhio, Art&, Udine (1995).

Walter Niedermayr è nato nel 1952 a Bolzano, dove vive e lavora. Da oltre 15 anni fotografa il
paesaggio montano, dove sono evidenti contrasti di tipo economico-ecologico. Recentemente ha orientato il proprio interesse verso ambienti chiusi come quello degli ospedali e delle carceri. Queste e altre indagini sono state presentate in pubblicazioni e mostre tra cui: Die bleichen Berge (1993), Reservate des Augenblicks (1998), Zivile Operationen (2003). Numerose sue mostre personali, tra cui al Centre pour l’image contemporaine, Geneva; Rupertinum, Museum für moderne und zeitgenössische Kunst, Salzburg and NGBK Berlin. Ha partecipato a collettive internazionali in musei e istituzioni quali Mori Art Museum, Tokyo; Kunsthalle Schirn, Frankfurt (2008); Kunstmuseum Wolfsburg (2007); Tate Modern London (2007); Hara Museum of Contemporary Art, Tokyo, Centre National de la Photographie, Paris, Akademie der Künste, Berlin(1999); Fondation Beyeler, Basel (2003); MOCA, Los Angeles (2004). Nel 2008 ha partecipato a MANIFESTA7 e nel 2004 ha esposto alla 9. Mostra Internazionale di Architettura Venezia nella mostra Metamorph. Ha collaborato a un progetto con lo studio SANAA pubblicato nel volume Walter Niedermayr / Kazuyo Sejima + Ryue Nishiwaza / SANAA,Hatje Cantz Verlag Ostfildern (2007).

Seize the time

25 Novembre 2010

Proiezione del film “Seize the Time” di Antonello Branca e incontro con:
Bruno Cartosio (docente di storia contemporanea – Università di Bergamo)
U.Net (esperto di storia, cultura e resistenza afro-americana)
Federico Carra (Kiwido – Federico Carra Editore)
Donatella Barazzetti (ACAB – Associazione Culturale Antonello Branca)

Film “cult” degli anni ’70 sul movimento delle “Pantere Nere”. Il lungometraggio è stato realizzato interamente negli Stati Uniti seguendo dall’interno il lavoro del Black Panther Party. Antonello Branca costruisce l’impianto narrativo del film fondendo insieme, con estrema abilità, i canoni del cinema di finzione e del cinema documentario. Un solo attore professionista, Norman Jacobs, si muove tra visioni pop-simboliche dell’imperialismo a stelle e strisce contrapposte a visioni della realtà: rastrellamenti, manifestazioni studentesche, esercitazioni della guardia nazionale, testimonianze dirette. Un’America dove i neri e le “pantere” in particolare, vengono assassinati a sangue freddo secondo un preciso disegno repressivo.
Intorno alla partecipazione del film al festival di Venezia dello stesso anno, si sviluppò una vivace polemica: le condizioni poste dalla direzione del Festival infatti furono tali da indurre l’autore a non presentare il film.

Le affinità elettive

21 Ottobre 2010

Piero Ciampi e Luciano Bianciardi: le affinità elettive

Un viaggio tra musica e scrittura alla scoperta delle affinità artistiche tra il cantante-poeta Piero Ciampi e lo scrittore Luciano Bianciardi. Temi comuni affiorano dalla lettura di brevi brani alternati a canzoni, il tutto in forma di recital.

Paolo Pasi (voce e chitarra) e Dino Pelissero (flauto traverso)
Interverrà Luciana Bianciardi

Canzoni “Dario di Livorno”, “Livorno” , “Sobborghi” , “Il vino” di Piero Ciampi; “Milano” di Paolo Pasi. Letture di Bianciardi da La vita agra, Aprire il fuoco, La solita zuppa, L’alibi del progresso.

Ore 22.30
Proiezione del film“La vita agra” di Carlo Lizzani (Italia, 1964, 104′)