Beat Hippy Autonomi Punk. All’assalto del cielo

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Dal 02 al 20 Novembre 2005

Beat hippy autonomi punk… Una mostra sulle controculture e i movimenti che, a partire dagli anni Cinquanta, hanno popolato la nostra vita, hanno segnato il tempo e sognato di lasciarselo alle spalle (“Il tempo è un’invenzione degli uomini che non sanno amare”), hanno stravolto il modo di vivere (politica compresa) e tentato di separarsi dalle separazioni per allargare l’area della coscienza e dare l’assalto al cielo. Una mostra sulla contestazione, sulle lotte e le utopie che hanno caratterizzato un modo nuovo di stare al mondo e di occuparsi del mondo, fondendo la ribellione delle coscienze con la rivolta contro l’esistente. Immagini, parole e suoni per mettere in risalto la specificità di quei movimenti e l’universalità delle idee che li hanno animati. Per ricordare il senso di estraneità e di contrapposizione allo stato di cose presenti, il confronto/scontro tra “personale” e “politico”, l’intrecciarsi tra momenti ludici e momenti luddisti, nella ricerca, tanto ardita quanto irrinunciabile, di una nuova sintesi tra singolare e comune, teoria ed esperienza, memoria e progetto. Allen Ginsberg, Timothy Leary, Diggers, Fugs, Provos, Kabouter, situazionisti, Living Theatre, William Burroughs, psichedelia, Weathermen, Janis Joplin, “Mondo Beat”, capelloni, comontisti, “OZ”, “San Francisco Oracle”, “Frendz”, SDS, Baader-Meinhof, Christiania, Pantere Nere, Pantere Bianche, indiani metropolitani, “A/traverso”, “CONTROinformazione”, “Differenze”, “Fuori!”, G.d.C., L’Orda d’Oro, “Puzz”, “Re Nudo”, “Rosso”, “Metropoli”, “I Volsci”, “Insurrezione”, “Senza galere”, Soccorso Rosso, Cooperativa Punti rossi, Sex Pistols, Patti Smith, Ranxerox, “Sniffin’ Glue”, Dead Kennedys, Helter Skelter, Vidicon, Virus, Crass, “Nero”, Lydia Lunch, Officine Schwarz, “Vague”, punk e creature affini… La mostra, senz’alcuna pretesa di esaustività e partendo innanzitutto dal vissuto dei suoi curatori Giancarlo Mattia e Marco Philopat, vuole tracciare per grandi linee lo scorrere di anni affollati in cui la complessità delle proposte si coniugava con pratiche di socializzazione-solidarietà-condivisione-trasversalità. In quegli anni, dopo la fiammata rivoluzionaria che aveva posto fine al Grande Massacro della Prima Guerra mondiale e riscaldato i quattro angoli del Pianeta (da Mosca a Berlino, dalla Patagonia a Seattle) fino ai primi anni Venti, (ri)affiorava l’aspirazione a una comunità reale che fosse luogo ospitale per scelte di vita altra, contro la logica valoristico-mercantile e la società dello spettacolo. Perché proporre una mostra come questa proprio oggi che alla noia della “sopravvivenza” (marchio sacrificale di fabbrica della “società dei consumi” degli anni Sessanta) è subentrata la fatica di arrivare alla fine del mese, oggi che l’epoca delle passioni tristi celebra il suo spento trionfo sull’estate dell’amore, oggi che la Democrazia e l’Economia hanno realizzato su scala planetaria la loro ultraterroristica e totalitaria pretesa d’imporsi come rimedi ai disastri e alle mostruosità da loro stesse prodotti? Per una ragione nient’affatto culturalistica e documentaria, bensì perché Beat hippy autonomi punk… avevano ragione, mentre Stato capitale preti poliziotti avevano torto. Ieri, come oggi: dalle bici bianche di Amsterdam alle tute nere di Genova.

Mostra Beat/Hippie

Mostra Punk

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PROGRAMA:

Mercoledì 2 novembre

H 18.30 inaugurazione Beat Hippy Autonomi Punk all’assalto del cielo Presentazione della mostra: Marco Philopat e Giancarlo

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H 20.00 aperitivo con dj Bad Trip 1-ASSALTO-1 Giovedì 3 novembre

H 21.30 presentazione del libro “Paradoxia. Diario di un predatore” ed. Leconte 2005 e della rivista Storie

H 23.00 concerto Lydia Lunch & Band

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Una delle performer più significative degli anni ’90, nessun altro artista del XX secolo ha lottato così tenacemente per forgiare e scolpire la sua personalissima visione e produzione artistica. Lydia Lunch ha realmente conquistato nuovi territori con un percorso altamente innovativo, attraverso la musica, i libri performance spoken word, film, la fotografia e pure la poesia

 

Venerdì 4 novembre

H 21.30 John Sinclair & Steve Gebhardt Presentazione del film: Twenty to Life: the Life & Time of John Sinclair conJ. Sinclair, U_Net, Giancarlo

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H 22.30 Proiezione del film “Twenty to Life: the Life & Time of John Sinclair” di Steve Gebhardt (Usa 2003, b/n e col. 86’) v.o. sott. it. http://www.youtube.com/watch?v=tRcpEN755lI John Sinclair, poeta-performer, attivista politico, giornalista, produttore musicale e quanto mai altro sia stato protagonista della lunga stagione di contestazione, sul finire degli anni sessanta, negli Stati Uniti. Questo documentario, ricco di filmati d’archivio e interviste recenti, racconta la vita di una presenza poliedrica e dirompente, che molto ha influito sulla controcultura americana.

 

Sabato 5 novembre

H 21.30 Lampi di critica radicale a partire da Giorgio Cesarano L’incontro, fra l’altro, prevede: – presentazione del nuovo numero della rivista “Antasofia” dedicato a Giorgio Cesarano – narrazioni e considerazioni sull‚esperienza di Ludd (1969-1971) – presentazione di Apocalisse e sopravvivenza. Considerazioni sul libro “Critica dell‚utopia capitale” di Giorgio Cesarano e sull‚esperienza della corrente comunista radicale in Italia, di Francesco Santini (Kuki) -interventi su alcune ricezioni attuali del pensiero di Cesarano (in particolare sulla rivista “Tiqqun”). Autopresentazione di “Antasofia”: Antasofia è un progetto che valuta i saperi nel loro gioco costruttivo e sovversivo insieme, nel tentativo di opporli, confonderli, macchinarli, eccedendo palesemente la mediocrità di una statica gerarchia, attraverso momenti di caos nell‚ordine del discorso. Ontologia del presente come pratica politica. L’autogestione è il ritmo di questa ricerca, collettiva e individuale; il lavoro sulle relazioni che siamo capaci di esprimere localmente non è altro che il lavoro sui nostri stili di vita, sulle condotte, su ciò che ognuno di noi costruisce nella complessità della propria storia individuale. Nell’attraversare i piani di questo territorio politicamente ultrasensibile, diviene urgente cercare chiavi di lettura possibili che consentano di agire il presente, con una cassetta degli attrezzi di cui si sia sempre pronti a ridefinire gli strumenti.

H 23.30 Kleopatra J plays funk 2-ASSALTO-2

 

Domenica 6 novembre

John Sinclair Radio Show – Radio Free Amsterdam

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Mercoledì 9 novembre

H 21.30 Presentazione del nuovo libro della collana City Lights, ed. Giunti Firenze

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Giovedì 10 novembre

H 21.30 Lumi di Punk Geografie controculturali italiane dagli anni Ottanta a oggi: la scena milanese raccontata da Marco Philopat, Elena Ferrarese, Cristina Pecchillo, Tiberio, Paolo e molti altri

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H 23.00 proiezione del film “DOA (A Right of Passage)” di Lech Kowalski (Usa 1981, 90’) v.o. sott. it http://www.youtube.com/watch?v=q2CbNRVHPM0 Un film insolente e accattivante sulla musica punk sul e fuori dal palco. Girato nel 1978, come, quando, mentre è successo, DOA è senza dubbio documento leggendario e definitivo della generazione punk, vista attraverso la caduta dei Sex Pistols durante il loro sfortunato tour negli Stati Uniti che segnò la rottura della band e la morte di Sid Vicius. DOA racconta con dirompente energia e personale sensibilità il punk in tutta la sua interezza: le prestazioni esplosive dei primi esperimenti del movimento, compresi quelli dei Sex Pistols. Ma non mancano altri gruppi come gli X-Ray Spex con il loro leggendario “Oh Bondage Up Yours”, The Rich Kids, Generation X, Sham 69, The Dead Boys… DOA, come la musica stessa che racconta per immagini, è un film caotico, claustrofobico, cattivo, che punta dritto negli occhi: è riuscito veramente a catturare qualcosa del forte conflitto di quegli anni tra il sistema classico e la gioventù arrabbiata.

Venerdì 11 novembre

H 21.30 Lumi di Punk – Geografie controculturali italiane dagli anni Ottanta a oggi: la scena toscana e ligure raccontata da Bad Trip, Robertino Peter Punk

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H 23.00 Saluti dalla costa ovest dj Bad Trip, Emiliano The Kingdom, Alessandro Bocci – vj set Signorina Rottermeier Panoramica/assaggio sull’attuale scena underground locale: elettronica, robotica e industriale contemporanea

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Sabato 12 novembre H 16.30

Il desiderio dissidente Lea Melandri racconta e discute dell’esperienza della rivista “L’erba voglio”, della figura di Elvio Fachinelli, della pratica dell’inconscio, del movimento delle donne e d’altro ancora Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l’Associazione per una Libera Università delle Donne di Milano, di cui è stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. è stata redattrice, insieme con lo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista “L’erba voglio” (1971-1978), di cui ha curato l’antologia: L’erba voglio. Il desiderio dissidente (Baldini & Castoldi 1998). Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni Settanta e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino a oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L’infamia originaria (L’erba voglio 1977 e Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d’amore (Rizzoli 1988 e Bollati Boringhieri 2002); Lo strabismo della memoria (La Tartaruga 1991); La mappa del cuore (Rubbettino 1992); Migliaia di foglietti (Moby Dick 1996); Una visceralità indicibile. La pratica dell’inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta (Fondazione Badaracco, Franco Angeli 2000); Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia (Bollati Boringhieri 2001). Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: “Ragazza In”, “Noi donne”, “Extra Manifesto”, “L’Unità”. Collaboratrice della rivista “Carnet” e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista “Lapis. Percorsi della riflessione femminile”, di cui ha curato, insieme ad altre, l’antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista (Manifestolibri 1998).

H 21.30 Lumi di Punk – Geografie controculturali italiane dagli anni Ottanta a oggi: la scena bolognese raccontata da Elena Velena e Laura dei Raf Punk

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H 23.30 concerto dei Rappresaglia

Rappresaglia

Una delle band rappresentative di quella incendiaria stagione punk che ha reso famosi i gruppi italiani in tutto il mondo. Presto, però, hanno cominciato a rivolgersi alle loro radici, recuperando i suoni e lo spirito del punk 77 senza ispirarsi ad un gruppo particolare ma cercando sempre di creare uno stile personale. Domenica 13 novembre H 16.30 Sul vivere in comune: Urupia è in programma un incontro con Antje e Rolf, due compagni tedeschi partecipi del progetto Urupia, la Comune del Salento che molti conoscono, e che a molti di più converrebbe conoscere. Questi compagni potranno illustrarci il percorso nel movimento sovversivo tedesco degli anni Ottanta che li ha condotti a questa scelta, nonché la storia e le prospettive future dell’esperienza urupiana, che lo scorso maggio ha compiuto i suoi primi dieci anni. Prima di concludere il pomeriggio con una degustazione gratuita dei prodotti di Urupia, Paolo Ranieri proporrà una riflessione e un dibattito sul senso delle comuni, cercando di scoprire come mai, a fronte di un sempre rinnovato interesse per questo tipo di scelte, nei fatti, tale pratica continui a mantenersi ultraminoritaria, incappando non di rado in dolorosi scacchi. E se sia possibile ricavare delle indicazioni di ordine generale dalla serena resistenza di questi compagni che vivono nell’apparentemente remoto Salento, eppure appaiono assai meno isolati di quanto accade di percepirsi a chi vive circondato dalle metropoli dell’apparenza.

 

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Mercoledì 16 novembre H 21.30

Matteo Guarnaccia: Beat, Provos e Capelloni

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H 22.30 proiezione del film “My Generation” di Thomas Haneke e Barbara Kopple (Usa 2001, col. 103’) v.o. sott. it http://www.youtube.com/watch?v=HBORY8qufKg Woodstock: il nome evoca gloriosi scenari. Anziché scavare nella memoria di un evento focale per la controcultura del ‘68, Barbara Kopple segue l’evolversi del mito attraverso le sue recenti ripetizioni. Woodstock ‘69, Woodstock ‘94 e Woodstock ‘99: ce ne sarebbe per parlare di de-generazione, ma la documentarista lascia da parte il suo spirito acido per viaggiare in mezzo alla folla. Il risultato è un film estremamente sfaccettato, illuminante tanto sulla commercializzazione della libertà (con il passare delle edizioni, per garantire sicurezza e migliori servizi, il raduno appare sempre più confinato in una sorta di bunker) quanto sulle risposte dei giovani a questo desiderio di aggregazione. Tre generazioni a confronto. Molte cose cambiano, ma la musica resta: trenta anni di storia e di rock, il migiore di tutti i tempi, da Joni Mitchell ai Nine Inch Nails, da Santana ai Rage Against the Machine, da Jimi Hendrix ai Limp Bizkit, e molti altri ancora. Per guardare chi siamo oggi e capire chi eravamo.

 

Giovedì 17 novembre H 21.30

Proiezione dei film diretti da Antony Balch e scritti da William S. Burroughs The Cut-Ups (Uk 1966, b/n 18’) v.o. sott. it Towers Open Fire (Uk 1963, b/n 9’) v.o. sott. it Certo esigui sono i film tratti da (o ispirati ai) testi letterari di Burroughs, e questo perché la sua opera è ben poco cinematografica nel senso classico del termine, a causa della scarsa importanza che lo scrittore attribuisce al plot narrativo. La sua è un’estetica non lineare, frammentaria, la sua è una scrittura affabulatoria e gergale, fatta di continue associazioni visive. Logico, quindi, che l’equivalente filmico della sua letteratura non può che avere uno stile “sperimentale” e fare uso del cut-up, un procedimento caotico e casuale, derivante dal collage dadaista, che consiste nel tagliare e incollare pezzi di testo alla ricerca di nuovi significati. Burroughs lavorò su questo procedimento a partire dal 1959 insieme a Brion Gysin, singolare figura di pittore sperimentale e romanziere, che ne è il vero scopritore; Gyson e Burroughs applicarono il cut-up a varie forme artistiche e a un po’ tutti i supporti. Nel campo cinematografico il risultato sono una serie di cortometraggi raggruppati sotto il titolo di Thee Films, realizzati con l’inglese Antony Balch I primi due cortometraggi, Towers Open Fire (1963) e The Cut-Ups (1966) hanno una struttura piuttosto simile, infatti ritroviamo le stesse immagini con un montaggio sempre diverso ma rapido, seriale e frastornante, accompagnate da un collage sonoro altrettanto ossessivo. The Cut-Ups presenta una colonna sonora particolarmente aggressiva dominata dall’interazione e la sovrapposizione martellante di 2 parole “yes” e “hallo?”. H 23.00 concerto di Steve Piccolo e Gak Sato: AUTOSPOND/AUTOSPIA – Nudo sorvegliato pasto sorvegliante cortocircuito-cutup con clandestino omaggio a Hunter Thompson

 

Venerdì 18 novembre H 21.30

Spettacolo teatrale Milano 70allora di Walter Leonardi, Paolo Trotti, Flavio Pirini con Walter Leonardi regia di Paolo Trotti

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Milano70allora è un concept show sugli anni 70 filtrati dallo sguardo di un bambino che sta crescendo e ha tra i 4 e 14 anni. In lui si mischiano frammenti di realtà a pezzi di mitologia urbana, più che urbana di cortile, che in quegli anni, per i bambini, erano la stessa cosa. E la vita arriva al cortile attraverso il passaparola e le reazioni degli adulti a quel mondo di paura che si annida nei box e subito fuori dal cancello di casa. Milano 70allora è la storia del Garelli a tre marce che insieme al telecomando rappresenta la vera rivoluzione, la velocità, il precipitare degli eventi, il cambio produttivo che porta con sé il microchip e la fine delle fabbriche, la fine della classe operaia, gli scontri, i morti, la perdita dell’innocenza. Milano 70allora è anche la storia di tre ragazzi uccisi da quegli anni là, di tre corpi rimasti senza vita, vittime della necessità di cambiare le carte in tavola al potere immobile e immobilista. In quegli anni è stato gettato il seme che ha germogliato negli anni 80, 90 ed è arrivato fino a noi. Televisioni private, radio libere, neo liberismo, precarietà nel lavoro e nella vita. La grande rivoluzione nichilista del punk, il futuro promesso solo al giorno dopo e la vita vissuta in affitto fino ad affittare il nostro tempo, la nostra libertà, il nostro corpo.

H 23.00 concerto dei SigmaTibet featuring JBP

SigmaTibet

 

Sabato 19 novembre

H 17.00 Dentro fuori ai bordi dell’autonomia Presentazione del libro “Gli operaisti” ed. Derive Approdi 2005, con Gino Tedesco, Francesca Pozzi, Ferruccio Gambino, Jairo Daghini Le assemblee autonome in fabbrica: Alfa Romeo e Porto Marghera Le assemblee autonome in fabbrica: un operaio dell’Alfa Uno di Porto Marghera

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H 21.30 L’immagin/azione. Video-intervento sul Festival del Proletariato giovanile al Parco Lambro Nel ruolo di attori, autori e spettatori, interverranno Alberto Grifi, Flavio Vida, Joe Fallisi e tutte le persone che vorranno partecipare alla proiezione.

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Alberto Grifi partecipò alle riprese del Festival: più di 30 ore di materiale videoregistrato… Come riproporre dopo tanti anni le immagini girate dai “video-teppisti” che insieme ad Alberto Grifi avevano ripreso e documentato le giornate del Festival? Ci piacerebbe che soprattutto quelli che passarono al Parco Lambro in quei giorni, ci venissero a trovare durante la serata: il montaggio del film sarà realizzato dai partecipanti, che potranno selezionare e creare nuove sequenze, interrompere il flusso dei documenti dell’epoca per lasciare il proprio racconto, la propria memoria, la propria capacità di confrontare quello che sembra un lontano passato remoto confinato nel sogno rivoluzionario, con l’attuale fascismo in cravatta e doppio petto. Ci sarà uno schermo interattivo, attraverso il quale le persone, con lo spostamento del proprio corpo, potranno seguire un vero e proprio processo di frammentazione, montaggio, disseminazione e ricomposizione dell’immagine.

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H 23.00 Performance “Flower Power” di Animanera Teatro

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H 23.30 concerto dei Metropolis

Metropolis

 

Domenica 20 novembre H 17.00

La stagione dei processi Intervengono Pippo Pelazza e Ugo Giannangeli

H 21.30 La rivoluzione non è una cosa seria Film documentario di Marilena Moretti Prodotto nel 2005 da Marilena Moretti e da Donatella Botti per BIANCAFILM, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Zenit Arti Audiovisive è la primavera del 1971. Un gruppetto di estremisti di buona famiglia e di buone letture, insieme con qualche giovane proletario incazzato, lascia Torino per stabilirsi a Ponte a Egola in Toscana, in un casale abbandonato. Di fatto, quella di Ponte a Egola diventa una comune, tra il modello hippy di quegli anni e quello di un “nucleo rivoluzionario”. L’intenzione è di rompere con i vecchi schemi delle organizzazioni politiche, per praticare nel vissuto quotidiano la RIVOLUZIONE. Al casale si arriva costeggiando il cimitero e l’Egola, un torrente infestato dalle zanzare e dalla puzza degli scarichi delle concerie. Un luogo inospitale, isolato, che in qualche modo rispecchia la diversità di quest’esperienza. Al nucleo originario di Torino, si aggiungono ben presto altri ragazzi di Milano, Genova, Firenze, una ventina in tutto, attratti dallo stesso bisogno di radicalità. Li accomuna il desiderio di vivere contro le regole, al di fuori del carcere della famiglia e del lavoro, di vivere “senza riserve e senza tempi morti”. Si rifanno ai situazionisti, Debord e Vaneigem, come pure al Jerry Rubin di Do it!. Leggono Marx ed Engels, Anton Pannekoek e Paul Lafargue. Amano i poeti francesi ed esaltano le imprese della Banda Bonnot. Uno dei loro slogan è Contro il capitale, lotta criminale. Sul muro del casale, con la vernice rossa, c’è scritto: La rivoluzione non è una cosa seria. Vivono dell’aiuto economico dei genitori, di minime attività artigianali, di qualche furto. Si procurano gli stupefacenti in farmacia, fanno dei trip, sono protagonisti di azioni provocatorie. è il loro modo di praticare l’illegalità e il rifiuto del lavoro. Si definiscono comontisti (da comontismo, tentativo di traduzione del termine marxiano Gemeinwesen, ovvero comunità: “l’espressione dell’essenza umana, negatrice del capitale come dominio delle merci sugli uomini”). Dell’esperienza rimane traccia nei volantini, negli scritti, nella rivista “Comontismo. Per l’ultima Internazionale”. La comune di Ponte a Egola si scioglie dopo appena un anno, nella primavera del ’72. La sua fine è accelerata dal crollo di una parte del casale, da dissidi ideologici e dal sopravvento della realtà. Il gruppo si divide tra Firenze, Torino e Milano. Chi finisce in carcere, chi si ritira nel privato, chi ha problemi con l’eroina. Nessuno di loro è mai più tornato a Ponte a Egola. I rapporti si sono interrotti. Qualcuno è morto. Di altri si sono perse le tracce. L’autrice del film, realizzato nello stile del video-diario, era tra loro. In questi trent’anni ha pensato spesso di salire in macchina e andare a vedere che ne fosse stato di quel casale. E che ne fosse stato di loro. E finalmente ha deciso di farlo.