Messico: dallo zapatismo alla barbarie

30 Giugno 2011 – 21,00

Le lunghe ombre del diritto – ciclo di incontri e discussioni
“La grande contesa 2 (l’esterno)”: flussi migratori, barriere, isole di privilegio super attrezzate e difese, ghetti e luoghi del bando.

Messico: dallo zapatismo alla barbarie

partecipano:
Antonio Frillici, autore di Benvenuti a Tepoztlan
Pino, Flores Magon, Milano
Fabio, Grafica Indipendente Solidaria

Dall’insurrezione zapatista del 1º gennaio 1994, il Messico ha conosciuto molte e diversificate lotte sociali di straordinario vigore. Oltre alle esperienze in Chiapas condotte dall’EZLN, vanno senz’altro ricordate le vittoriose lotte di Atenco contro l’apertura di un nuovo aeroporto internazionale per Città del Messico, la rivolta di Tepotzlan in Morelos contro la costruzione del più grande campo da golf di tutta l’America e, da ultimo, la valorosa battaglia della “comune” di Oaxaca.
Però, a fianco di queste splendide esperienze sociali, andava crescendo sempre più il potere dei cartelli della droga, la corruzione dilagava nella politica e tra i giudici, in combutta con i narcotrafficanti, e le violenze contro gli attivisti sociali, quando non il loro assassinio, spostavano a poco a poco l’asse del conflitto.
Con la fraudolenta elezione di Felipe Calderón nel 2006, avvenuta nonostante le massicce manifestazioni di resistenza a Città del Messico, la deriva violenta del potere era un fatto acquisito.
In nome della cosiddetta “guerra al narcotraffico”, le uccisioni e le stragi diventavano un fatto quotidiano, con il risultato che in quattro anni di presidenza Calderón si sono contati circa 40 mila morti. Le bande dei narcotrafficanti, quando non direttamente la polizia o l’esercito, seminano il terrore, mentre foto orripilanti di cadaveri decapitati e martoriati riempiono le pagine dei giornali.
La militarizzazione del Messico è ormai una certezza, mentre le lotte sociali diventano sempre più difficili e gli Stati Uniti s’intromettono in maniera crescente negli affari interni del Paese. Ed è così che quella frontiera splendidamente narrata da Cormac McCarthy, oggi superprotetta con i suoi traffici d’armi, droga e clandestini, torna a riaprirsi alle scorrerie dei gringos come ai tempi di Theodore Roosevelt.

“La grande contesa 2 (l’esterno)”: flussi migratori, barriere,  isole di privilegio super attrezzate e difese, ghetti e luoghi del bando.

Quando la norma si fa muro

La regolazione del conflitto sancisce la separazione tra chi è dentro “l’ordine” e chi ne è fuori. Una frontiera, metafora materiata del disequilibrio da difendere, separa rigidamente gli uomini e veglia sul passaggio delle merci. La regola assume l’aspetto del muro, del tratto di mare, della striscia desertica controllata dai droni, a proteggere le enclaves ricche di “civiltà” dall’assalto degli stranieri che le minacciano.
Al di qua del muro non occorre conoscere per davvero quanto accade al di là. Oltre la siepe ci sono il buio, la “casa maledetta” di Boo Radley, “il disordine” – lo “si sa” – e ciò conferma la necessità di proteggersi evitando il contatto. Così il confine alimenta una rappresentazione pregiudizievole e razzista che tende ad autogiustificarsi. Il “diritto” della difesa nazionale mina il dovere della solidarietà tra i popoli e trasforma
il conflitto sociale in una questione di ordine pubblico internazionale.
Nella terza parte della serie di incontri sulle “lunghe ombre del diritto” vorremmo affrontare, nell’ottica di chi sta dall’altra parte del muro, alcune di queste situazioni di regolamentazione dello spazio “esterno”.
– Il Messico, separato dagli Stati Uniti da un confine fatto di deserto, filo spinato e barriere elettroniche
– I Paesi del Maghreb, separati dall’Europa da un mare Mediterraneo pattugliato dalle marine militari
– La Palestina, separata da Israele da un muro lungo quasi mille chilometri, archetipo quintessenziale di tutti i muri eretti dopo l’89
– L’Africa sub-sahariana, separata da un muro naturale di sabbia, che non impedisce però alle ricche enclaves di depredarne le risorse

Ciclo di incontri cura dell’Archivio Primo Moroni e del Centro Donato Renna
http://www.inventati.org/apm
http://www.centrodonatorenna.org