Le lunghe ombre del diritto

28 Maggio 2011 – ore 16,00

Le lunghe ombre del diritto – “La grande contesa 1 (l’interno)”: Milano come caso esemplare, la riorganizzazione degli spazi per mettere a valore e controllare il territorio. Expo, spazi sociali, i luoghi del vivere e dell’abitare, una mappa per agire.

Continua il ciclo di incontri e discussioni, con interventi di:
Archivio Primo Moroni: Introduzione. Alla scuola del Primin
Sonia Paone (autrice de “Città in frantumi. Sicurezza, emergenza e produzione dello spazio” – Franco Angeli, 2008): Frammentazione e mercificazione dello spazio urbano, gentrificazione, strapotere della rendita, performatività delle immagini elaborate dalle politiche di marketing, retorica e ideologia della governance urbana con un occhio sulla militarizzazione di via Padova, su Expo, Santa Giulia, PGT.
Mario De Gaspari (autore de “Malacittà. La finanza immobiliare contro la società civile” – Mimesis, Milano 2010): L’immobiliarista e l’amministratore pubblico: come funziona il trading immobiliare e i suoi effetti sociali
Comitato No Expo: dopo l’approvazione del PGT aggiornamenti e prospettive
Nonostante Milano: intervento

una traccia:
La conformazione dello spazio urbano non è mai neutrale.
Lo sapeva chi sceglieva la zona più accessibile per ubicarci l’agorà, il luogo dell’incontro ; lo sapeva chi sceglieva la piazza centrale per costruire la torre o il campanile più alti; lo sa chi, oggi, costruisce quartieri residenziali lontani e al sicuro dalla contaminazione del contatto.
La funzione degli scenari urbani consegue alle forme di esercizio del potere, avviluppa fisicamente la relazione che lega dominatore e dominato costruendo una toponomastica delle differenze. Come i viali sono il luogo in cui far sfilare l’esercito ‘di popolo’, così oggi rondò e tangenziali costruiscono un filtro che seleziona l’accesso (avete mai provato ad attraversare un rondò in bicicletta? o a
piedi?).
Contemporaneamente la logica secondo cui vanno sottoposti a regime di custodia tutti i potenziali criminali, ossia “loro”, ci fa sentire a nostro agio in questa sorta di panopticon globale costituito dalla miriade di telecamere che costantemente vigilano sui nostri ed altrui gesti. Non a “noi” guardano questi occhi elettronici, ma a “loro”, per scoprirli quando, appunto, riescono ad intrufolarsi nella città dei buoni.
Di conforto, nel nome del decoro, numerose ordinanze comunali garantiscono la punibilità per chi mangia un panino sulla panchina sbagliata e la legge promette carcerazione e reimpatrio per chi non ha il permesso di restare.
Questa organizzazione, nel produrre ordine e limitando la vicinanza e le occasioni di incontro, riscuote il suo successo nei tanti che, abituati ad una emergenza esistenziale, lavorativa, abitativa, sanitaria, … temono grandemente il contagio con la malasorte ossia sperano che nulla accada che li faccia spostare dalla parte di quello che non ha più un mezzo per superare il rondò, ossia dalla parte
del torto.
Nell’ordine, come è previsto, c’è chi guadagna e chi perde, “la legge è uguale per tutti”, chi vuole fare affari li faccia. Quindi alla speculazione è lasciata la possibilità di lucrare sulla trasformazione dell’arredo urbano: gli amministratori pubblici dismettono gli averi comuni (che passano quindi dall’essere di tutti all’essere di qualcun’altro) ed espropriano i privati piccoli a vantaggio del privato grande, in cambio della promessa di conservare il posto di lavoro. In un modo o nell’altro sono precari anch’essi.
Così la modernità disegna il suo spazio urbano limitando al massimo le occasioni di contatto e consegnando al mercato il luogo dell’incontro: “il modo più veloce (e sicuro?) per arrivare ai binari della stazione centrale di Milano sono le scale mobili della libreria Feltrinelli”.
Ma c’è di più, l’urbanizzazione tende ad assumere delle proporzioni mai immaginate prima: 3,3 miliardi di persone vivono oggi in aree urbane e saranno 4,9 miliardi nel 2025, oggi ci sono più di quattrocento città che superano il milione di abitanti e più di un miliardo di persone vive negli slum. Il luogo dell’esercizio del potere si concentra, le contraddizioni si sovrappongono. Le guerre vengono messe in bottiglia e diventano operazioni di polizia mentre il ghisa diviene un poliziotto locale con tanto di pistola, manganello e spray urticante.
In questa sorta di caleidoscopio, può capitare che l’illusione si rompa e che pezzi di realtà si ricompongano. Capita che ci si incontri senza scoprirsi così pericolosi o che si scopra un conflitto fino ad ora sopito, che, messa una panchina dietro una rete tagliata, qualcuno ci vada a riposare o che chi, riuscito a scappare dal mondo, non venga respinto ma accolto e protetto.
Quello è il momento del ragionamento.

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a cura dell’Archivio Primo Moroni